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Mary Loú Hill. Peace, love, empathy.

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11 novembre, 2017

Come una lucciola

Ero stanca di tutto.
Delle solite strade, dei soliti odori, delle stesse voci di sempre, delle notti passate a pensare e pensare, dei soliti jeans, delle solite persone.
Stanca del tempo che passa e di dovergli correre dietro senza mai rallentare, di chi se ne va per sempre, di chi rimane ma non è più lo stesso di prima.
Delle solite canzoni, tristi e malinconiche, e di piangere lacrime assai salate per dei sogni troppo dolci.
Stanca dei segreti, di dovermene stare zitta e tenermi tutto dentro, di chiedere scusa anche quando non è colpa mia, di dover seguire regole che né comprendo né condivido.
Delle persone noiose, di quelle che non gioiscono né danzano mai, delle banalità, delle frasi scontate e delle scelte prevedibili.
Di lui, della sua voce, del suo modo di camminare, del suo credersi migliore e convincere anche me, di immaginare ciò che mai saremo.
Ero stanca di dovermi sempre mantenere in equilibrio su una corda che si rimpiccioliva sempre più, nonostante i pugni e le spinte, e non poter cadere mai.
Volevo solo vivere, ridere, ballare, scrivere, viaggiare; volevo trovare del colore in mezzo a tutto quel grigio.
Invece mi ritrovai imprigionata in un limbo di eterna apatia, monotonia, indifferenza: un infinito gelo che mi uccideva lentamente.
Ero convinta di non poter mai provare la sensazione di vivere davvero, di non raggiungere il mio nirvana, di non riuscire a colorare il mio mondo.
Mi sentivo come una lucciola intrappolata in un barattolo: non importava quanto fossi forte e luminosa, se nessuno si fosse affrettato ad aprire il coperchio, mi sarei spenta per sempre.

L'ultimo bacio

"Mille violini suonati dal vento L'ultimo abbraccio, mia amata bambina Nel tenue ricordo di una pioggia d'argento Il senso s...

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