Giorni.
Innumerevoli lunghi giorni che ho in testa questa frase in loop. Non importa
cosa io stia facendo o pensando, l’immagine di Stefano scarno e pieno di lividi
non mi dà pace. Non lo so perché. Non lo conoscevo: non era mio amico né mio
parente, eppure è come se lo fosse stato.
Sarà che io
sono sempre troppo sensibile, troppo empatica, non so regolare i sentimenti e
alla fine mi ritrovo sempre a soffrire quanto i presi in causa. Sarà che in un
paese moderno è assurdo pensare che lo Stato uccida i propri cittadini, e che
poi insabbi tutto, non ammettendo la presenza di un problema che, però, c’è, e
si sente. Sarà che sento sempre mie le battaglie di altri, ma forse è giusto
così, perché se toccano uno, toccano tutti. E se Stefano è morto non è solo
colpa delle botte, ma dell’indifferenza, del menefreghismo generale che lo ha
lasciato solo come un cane. Il minimo che possiamo fare ora è combattere per
lui. Si sono fatti tutti i cazzi propri quando era vivo, non succederà anche
ora, anche da morto.
Notti.
Mille infinite notti in cui sogno Stefano. Chiudo gli occhi e boom, ho il suo
viso davanti a me e mi guarda come a supplicarmi di fare qualcosa. Si alternano
le immagini di lui giovane e sorridente, a quelle piene di ecchimosi, magro e
solo. È una storia che mi perseguita, mi divora da dentro e, sinceramente, non
mi capacito di come facciano gli altri a non sentirsi come me. Sarà che sono
più empatia che corpo, e che proprio non ci riesco a fregarmene delle cose,
figuriamoci delle persone. Sarà che quel ragazzo mi ha conquistato: così minuto
e fragile, con gli occhioni grandi e il sorriso perenne, ma come si fa a
odiarlo? Come si fa a riempirlo di calci senza fermarsi, anche se è piccolo e
indifeso come un cucciolo senza madre? Sarà
che solo chi vive di odio, di violenza e di merda può voltarsi dall’altra parte
in una storia così. Sarà che nel mondo è pieni di gente fuori di testa e alla
fine uno ci fa quasi l’abitudine alla mancanza d’amore, ma non è normale cazzo.
Non è normale che ognuno guardi per sé, che nessuno aiuti l’altro, che la gente
viva la propria intera vita senza alcun tipo di sentimento positivo, di buona
azione verso il prossimo.
Sarà che il
pensiero di cosa possa aver provato quel povero ragazzo nei suoi ultimi giorni
mi percuote la mente come una campana a mezzogiorno. Sarà che tutti noi nella
nostra vita conosciamo uno Stefano Cucchi, un mezzo angelo e mezzo demone, uno
a cui potrebbe succedere la stessa cosa. Non ci pensi, non credi che possa
succedere, e invece il giorno dopo ti alzi e potresti ritrovarti in un vortice
del genere. Ma chi cazzo ha la forza di Ilaria? Chi riesce a restare in piedi
quando tutti ti spingono via? Quale foglia riesce a restare attaccata al suo
ramo quando l’autunno incombe?
Sarà che
Ste era un cristallo, apparentemente così duro, forte, invidiato da chi non lo
possedeva, ma bastava che scivolasse dalle mani per cadere in mille pezzi e
boom, frantumarsi in polvere dispersa nell’aria. Sarà che i cristalli sono rari
e solo chi se ne intende riesce a riconoscerli e a curarli come meritano.
Sarà che
lui mi ricorda te. Entrambi con quell’oscura ombra che vi perseguita ovunque
andiate, che vi fa passare le notti svegli a fissare il soffitto della vostra
cameretta, che vi fa perdere nel cercare
voi stessi in un labirinto senza uscita. Sarà che ho una paura fottuta che
possa succederti la stessa cosa, che io possa perderti così, senza nemmeno
poterti vedere o parlare. Senza nemmeno sapere per quale cazzo di motivo sei
morto.
È assurda
‘sta storia. Eppure è successa, molte troppe infinite volte.
E mi fa
smattare cazzo.
Comunque
tutti si meriterebbero una sorella come Ilaria Cucchi. Perché ne basta uno
buono su mille cattivi per cambiare le cose.
Ste, sei stato
sfortunato, ma diciamocelo, su questo c’hai avuto un gran culo.