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01 maggio, 2019

Stefano Cucchi morto di Stato

“Sono Cucchi Stefano, nato a Roma il primo ottobre 1978”
Giorni. Innumerevoli lunghi giorni che ho in testa questa frase in loop. Non importa cosa io stia facendo o pensando, l’immagine di Stefano scarno e pieno di lividi non mi dà pace. Non lo so perché. Non lo conoscevo: non era mio amico né mio parente, eppure è come se lo fosse stato.
Sarà che io sono sempre troppo sensibile, troppo empatica, non so regolare i sentimenti e alla fine mi ritrovo sempre a soffrire quanto i presi in causa. Sarà che in un paese moderno è assurdo pensare che lo Stato uccida i propri cittadini, e che poi insabbi tutto, non ammettendo la presenza di un problema che, però, c’è, e si sente. Sarà che sento sempre mie le battaglie di altri, ma forse è giusto così, perché se toccano uno, toccano tutti. E se Stefano è morto non è solo colpa delle botte, ma dell’indifferenza, del menefreghismo generale che lo ha lasciato solo come un cane. Il minimo che possiamo fare ora è combattere per lui. Si sono fatti tutti i cazzi propri quando era vivo, non succederà anche ora, anche da morto.
Notti. Mille infinite notti in cui sogno Stefano. Chiudo gli occhi e boom, ho il suo viso davanti a me e mi guarda come a supplicarmi di fare qualcosa. Si alternano le immagini di lui giovane e sorridente, a quelle piene di ecchimosi, magro e solo. È una storia che mi perseguita, mi divora da dentro e, sinceramente, non mi capacito di come facciano gli altri a non sentirsi come me. Sarà che sono più empatia che corpo, e che proprio non ci riesco a fregarmene delle cose, figuriamoci delle persone. Sarà che quel ragazzo mi ha conquistato: così minuto e fragile, con gli occhioni grandi e il sorriso perenne, ma come si fa a odiarlo? Come si fa a riempirlo di calci senza fermarsi, anche se è piccolo e indifeso come un cucciolo senza madre?  Sarà che solo chi vive di odio, di violenza e di merda può voltarsi dall’altra parte in una storia così. Sarà che nel mondo è pieni di gente fuori di testa e alla fine uno ci fa quasi l’abitudine alla mancanza d’amore, ma non è normale cazzo. Non è normale che ognuno guardi per sé, che nessuno aiuti l’altro, che la gente viva la propria intera vita senza alcun tipo di sentimento positivo, di buona azione verso il prossimo.
Sarà che il pensiero di cosa possa aver provato quel povero ragazzo nei suoi ultimi giorni mi percuote la mente come una campana a mezzogiorno. Sarà che tutti noi nella nostra vita conosciamo uno Stefano Cucchi, un mezzo angelo e mezzo demone, uno a cui potrebbe succedere la stessa cosa. Non ci pensi, non credi che possa succedere, e invece il giorno dopo ti alzi e potresti ritrovarti in un vortice del genere. Ma chi cazzo ha la forza di Ilaria? Chi riesce a restare in piedi quando tutti ti spingono via? Quale foglia riesce a restare attaccata al suo ramo quando l’autunno incombe?
Sarà che Ste era un cristallo, apparentemente così duro, forte, invidiato da chi non lo possedeva, ma bastava che scivolasse dalle mani per cadere in mille pezzi e boom, frantumarsi in polvere dispersa nell’aria. Sarà che i cristalli sono rari e solo chi se ne intende riesce a riconoscerli e a curarli come meritano.
Sarà che lui mi ricorda te. Entrambi con quell’oscura ombra che vi perseguita ovunque andiate, che vi fa passare le notti svegli a fissare il soffitto della vostra cameretta, che  vi fa perdere nel cercare voi stessi in un labirinto senza uscita. Sarà che ho una paura fottuta che possa succederti la stessa cosa, che io possa perderti così, senza nemmeno poterti vedere o parlare. Senza nemmeno sapere per quale cazzo di motivo sei morto. 
È assurda ‘sta storia. Eppure è successa, molte troppe infinite volte. 
E mi fa smattare cazzo.

Comunque tutti si meriterebbero una sorella come Ilaria Cucchi. Perché ne basta uno buono su mille cattivi per cambiare le cose.
Ste, sei stato sfortunato, ma diciamocelo, su questo c’hai avuto un gran culo.


dal sito ufficiale dell'associazione Stefano Cucchi, Murales a Taranto


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