Lui affascinante, misurato, teatrale; lei intrigante, naturale, spontanea, sognatrice.
Sono sempre stata convinta che il
vero amore fosse quello: parole al momento giusto, sguardi fulminanti, pazzie
senza conseguenze.
Vivere con in sottofondo qualche
bella canzone, di quelle ritmate e tristi allo stesso tempo, correre nei prati,
baciarsi ovunque.
Ballare senza mai cadere o risultare
goffi, fare l’amore senza dire nulla, urlarsi addosso sotto la pioggia, per poi
fare pace subito dopo con un lungo bacio appassionato.
Non è forse questo che ogni regista o
sceneggiatore ci fa credere come possibile?
Trovare una persona che sia
esattamente la tua metà, che non ti deluda né ti ferisca, che ti faccia sempre
sentire in pace con te stesso.
Ed io, l’ingenua io, l’illusa io, non
riesco ad accettare la realtà.
Una realtà senza musica, in cui c’è
bisogno di parlare e tanto, in cui non si corre nei prati né si litiga sotto la
pioggia in un qualche campo in Provenza.
Un mondo dove le parole sono noiose,
scontate, ripetitive, dove bere è essenziale per sopportare pesi troppo grandi,
dove soffrire è inevitabile.
Questo è il mio più grande difetto:
volere l’impossibile.
Perché nei film l’amore è perfetto,
ideologico, platonico, totalizzante, folle, spontaneo,
ma nella realtà, l’amore è tutt’altro.
Nella vita vera, l’amore è impuro,
goffo, sporco, inlogico, distruttivo.
E bellissimo.