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Mary Loú Hill. Peace, love, empathy.

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09 settembre, 2020

Addio

Tra poco le scuole riapriranno e pensavo a quante cose ho visto e vissuto al liceo e mi fa strano non poterci tornare più, non poter più rivivere certe emozioni, non fare più parte di quel mondo che vuoi o non vuoi, è stato la mia vita per tanto tempo. Forse non ero ancora pronta a dire addio a un luogo che ha segnato tutti i momenti più importanti della mia vita e non ero pronta a voltargli le spalle così, senza poterlo rivedere un'ultima volta e cambiare pagina come si deve. Forse rimango troppo attaccata al passato ed è sempre un trauma sopportare i grandi cambiamenti.
Non rivedrò più quelle pareti vecchie e grigie che, silenziosamente, mi hanno visto crescere, tra risate e lacrime, godendosi quelli che probabilmente sono stati gli anni migliori della mia vita, senza che me ne accorgessi. Non so perché tutte le grandi amicizie e soprattutto i grandi amori io li abbia incontrati proprio a scuola, ma così è stato, legandomi per sempre a quel posto.
È che non riesco ad accettare l'idea di non entrare mai più nell'aula 135, prima classe del primo giorno del primo anno, quando eravamo ancora tutti ingenui e speranzosi verso il futuro; quando passavamo il tempo a guardare i ragazzi più grandi passare in corridoio invece che studiare e i problemi nemmeno ci sfioravano. Oppure nella 45, quella di storia dell'arte, ultima aula dell'ultimo giorno dell'ultimo anno, anche se ancora non sapevamo che sarebbe stata l'ultima. Se ci si pensa è assurdo vivere per l'ultima volta determinate sensazioni senza esserne consapevoli, rimanendo con l'amaro in bocca perché avresti voluto vivertele diversamente. 
Mi mancherà infinitamente bere il cappuccino con cioccolato della macchinetta del terzo piano, il più buono del mondo, e chiacchierare con Lorenzo delle nostre mattinate mentre ci dividiamo qualche biscotto. Passare il tempo nell'angolino vicino alle scale di emergenza, mangiare e parlare di stronzate che forse poi così stronzate non erano. Dio, quanto mi dispiace non averlo salutato come si deve, perché se lo meritava: è stato la mia roccia in questi ultimi anni d'inferno, e mi dispiace non avergli mai spiegato quanto lui sia stato importante per me e quanto si meriti dalla vita. Perché persone così belle sono rare e io gli voglio un bene dell'anima.
È strana l'idea di non poter più vivere un intervallo con le mie amiche di sempre, a lamentarci per qualche verifica o interrogazione o a scherzare sui primini. Non sentire più l'ansia per una valutazione e innervosirsi per qualche brutto voto, o bigiare al bar in centro pur di saltare un ennesimo giorno in quell'inferno. Non fare più le code chilometriche al bagno o al bar per prendere una di quelle focacce ripiene che mi piacevano tanto. Non fare più parte di una routine con cui ho convissuto fin da bambina e a cui, in qualche modo, ero affezionata.
E mi dispiace non poter passare più i pomeriggi nelle palestre a guardare i tornei di calcio dei miei amici, quando ancora parlavo con S. e gli altri, per poi rimanere con loro sul muretto dell'uscita a piano terra a fumare e scherzare tra di noi. Sono passati anni eppure li reputo tra i momenti migliori della mia vita: erano situazioni semplici ma che mi facevano stare bene veramente, forse perché ero con le persone giuste. Forse perché ce ne era una in particolare di persona giusta. Che peccato vedere come sono andate a finire le cose, che peccato sapere che non parlo più con nessuno di loro e ognuno ormai ha preso la propria strada, e qualcuno si è pure perso. Che peccato non poter salvare tutti.
Mi manca appoggiarmi alla ringhiera del secondo piano con Giorgia, che anni fa era la mia migliore amica, ma ormai è passato talmente tanto tempo da non sembrare vero. Tutte le ore passate a parlare dei nostri amori e guardarli di nascosto dall'altra parte delle scale, gli stratagemmi per incontrarli e i pomeriggi spesi a parlare solo di loro: eravamo così piccole e bastava quello per poter pensare che la nostra amicizia sarebbe durata a lungo. Per pensare di non potersi dimenticare a vicenda. Quanto è brutto perdere le persone per strada? Eppure è inevitabile, capita a tutti, ma non significa faccia meno male.
Ed è strano pensare che non litigherò mai più con Marti nei corridoi, quando mi divertivo a prendermela per stronzate senza rendermi conto di perderlo piano piano. Probabilmente non ci parlerò nemmeno più, per colpa della mia convinzione di poter avere sempre il tempo di fare tutto, di poter sempre risolvere con calma ogni situazione; ma anche se mi costa dirlo, è stata importante la sua presenza in questi ultimi due anni ed è stato una distrazione fondamentale in momenti difficili, quindi non posso che essergliene grata.
Mi rifiuto di non poter dire addio all'aula 131, la mia preferita, dove ho conosciuto P., l'unica persona che mi abbia fatto innamorare per davvero. L'unica per cui dovrei ringraziare questa scuola, avendoci fatto incontrare. È bastato un cambio d'ora qualunque, un astuccio smarrito e boom, ho incrociato quel paio di occhi che mi hanno cambiato la vita per sempre. Quel "hai bisogno di aiuto a cercarlo?" mentre gli altri se ne fregavano, quel sorrisetto, quell'occhiolino, giuro che non li scorderò mai. Nemmeno tra cinquant'anni, nemmeno da morta. Quella classe è stato l'inizio di tutto e Dio solo sa quanto pagherei per poter tornare indietro nel tempo e rivivere quel giorno da capo. Quanto mi manca sentirmi così, vivere di purezza e innocenza, emozionarsi ancora per un semplice incontro con la persona giusta. Quanto mi manca lui, dopo tutto questo tempo, perché è sempre rimasto il solo e unico.
Non voglio dire addio nemmeno all'angolo calorifero del terzo piano, quello dove ho pianto quella volta in cui in quarta ho preso uno in diritto e due ragazzini di prima mi hanno consolato, inteneriti dalla scena. Mi viene da ridere a pensare a quella giornata, che sembrava tanto disastrosa e invece ormai è diventata una barzelletta su cui scherzo spesso: è così che ho capito che il tempo non cambia le cose, ma cambia il modo in cui le vediamo.
Che poi è lo stesso angolino in cui bevevo il thè con Lorenzo mentre punzecchiavamo Tino nella pausa tra la quarta e la quinta ora, lo stesso in cui anni prima P. mi lanciava mille occhiolini e io mi elettrizzavo. Quello dove ripassavo sempre con Marghe e Fra prima delle verifiche, e ci si sfotteva a vicenda e si pregava che andasse tutto bene; dove spettegolavamo e ridevamo come pazze per qualche mia stronzata. Mi fa piangere l'idea di non vivere più certi momenti tra noi tre, perché eravamo legatissime e certe cose non si dimenticano, anche se allontanarsi è inevitabile e ne sono tristemente consapevole.
E poi le scale. Dio, le scale tra il secondo e il terzo piano: quelle sono uniche, speciali, e hanno il mio cuore. La prima volta che ho visto P. a scuola mi trovavo proprio lì, e non riuscivo davvero a credere che lui potesse trovarsi esattamente davanti a me. Dopo mesi passati a fantasticare su di lui per il nostro primo incontro in una sera d'estate, avevo avuto la fortuna di ritrovarmelo a scuola grazie alla sua poca voglia di studiare. Quasi non ci credevo, era una fortuna troppo grande per essere capitata a me. Eppure la sensazione delle mie gambe che tremano sugli scalini mentre lo guardo salutare gli amici ce l'ho ancora ben stampata nella memoria, nonostante gli anni. Il batticuore, lo stupore, l'adrenalina, li sento nel petto ancora adesso: che tristezza pensare che in quel momento ero totalmente ignara del dolore che avrei provato in futuro a causa sua.
Quelle scale hanno visto anche il primo incontro tra me e Chetra dopo tanti anni senza vederci e penso che questo basti per far capire quanto ci sono legata. Una mattina di maggio qualunque, io di fretta e lui rilassato come sempre, eppure sono entrata in ritardo in classe pur di rimanere a parlare, talmente ero felice di rivederlo, talmente mi brillavano gli occhi dall'emozione. Lui è uno dei motivi più grandi per cui non voglio cambiare pagina: ho paura di dimenticarlo, di dimenticare i nostri momenti insieme in quella scuola. Ho paura che non vedendo più certi luoghi, io possa perdere quella manciata di pochi ricordi che ancora conservo nella stanza più preziosa della mia mente.
Che poi sono le stesse scale in cui ho aspettato di entrare nell'aula del mio orale di maturità, mentre tremavo tutta e ripassavo disperatamente cittadinanza con Marghe, che è stata così santa da accompagnarmi. Mi piace pensare di aver concluso ufficialmente il liceo proprio lì, nel posto più importante di tutti: è come se nel mio piccolo, io sia riuscita a chiudere il cerchio. Ha reso quel momento molto più significativo, anche se più doloroso, perché le due persone più importanti che ho incontrato in quella scuola le ho incontrate proprio su quelle scale e fa male non averle avute al mio fianco in un giorno come quello. Una che non mi parla più per scelta, l'altra che non ha potuto nemmeno scegliere.
Non sono pronta a dire addio a tante cose, forse troppe, e probabilmente non lo sarò mai. Non è facile voltare le spalle a qualcosa che è stato la tua vita per tanto tempo, tantomeno dire addio alle persone e ai ricordi che abbiamo di loro. Non è facile accettare che il tempo passa e non si può far altro che corrergli dietro, nonostante il continuo affanno.
Ciò che forse mi pesa più di tutto però, è non salutare come si deve la mia fantastica ed immensa 5SB. Ne abbiamo viste di tutti i colori, cazzo. Siamo partite in prima che eravamo quasi una trentina e ormai siamo poco più di quindici, stanche e amareggiate da una scuola che non ha saputo motivarci abbastanza. Però questo è stato anche il nostro segreto: le delusioni ci hanno unito, ci hanno portato ad aiutarci a vicenda, stringendo un legame che non è così frequente nelle altre classi.
Siamo state una grande classe, la migliore di tutti i tempi. Abbiamo saltato gite, progetti, alternanze, incontri e tutto ciò che degli adolescenti possano desiderare, e siamo rimaste fregate e deluse un sacco di volte e ognuna di noi ha pensato di mollare almeno una volta. E alcune lo hanno fatto. Ma non noi, che siamo rimaste fino al quinto anno in questo carcere di scuola, nonostante la tentazione di abbandonare tutto e tutti. Abbiamo resistito perché abbiamo fatto gruppo, e anche se forse spesso non ce ne siamo rese conto, abbiamo alleggerito il peso di quel posto.
Voglio bene a tutte. Dalla prima all'ultima. Anche con quelle con cui ho legato poco nulla durante questi anni, o quelle con cui ho litigato e ho giurato solennemente di non volerle vedere mai più in vita mia. Abbraccerei tutte, anche se non l'ho detto mai e mai avrei pensato di farlo. Voglio un bene dell'anima ad ognuna di voi e non poteva capitare gruppo migliore di questo.
Ho in cuore rotto in mille frammenti, quasi polvere, a pensare che non ci ritroveremo mai più la mattina poco prima delle otto, sul muretto sotto il nostro amato albero, a fumare tutte insieme e insultarci un po'. A urlarci parolacce, spintonarci e ridere come stupide, risultando quasi fuori luogo tra i musi lunghi della mattina presto. Dovremmo metterci una targhetta, sotto quell'albero, perché ormai è nostro e nessun'altra classe potrà mai anche solo avvicinarsi a ciò che siamo state noi: quel ritrovarsi ogni mattina prima di scuola dimostra quanto eravamo unite e quanti bei ricordi abbiamo insieme. E me lo poterò dietro fino alla morte.
Mi mancherà non poter stare a lezione con voi, avervi tutte vicine, mentre ascoltiamo qualche discorso noioso che non avremo voglia di studiare. Spintonarmi con Anzu durante le lezioni di inglese con i banchi con le rotelle, insultarmi a vicenda con Bea e Fra, commentare con Pilu il professore che ci piaceva tanto, spettegolare con il gruppo della Valle. Sfottere tutte insieme la Colombo e le sue etichette dimenticate sui vestiti, lamentarci dell'Erasmus, fare le sceme durante le lezioni di diritto e le stonature dei karaoke delle feste di Natale.
È così ingiusto non poter dire addio a tutto questo, il mio cuore ne ha bisogno. Anche solo una piccola singola ora, per poter stringere tutti quanti e correre un'ultima volta al terzo piano, dove ho troppi ricordi per poter davvero riuscire a lasciarli andare. Amo tutto. Amo tutti. Vorrei vedervi un'ultima volta, in circostante normali, e dirlo guardandovi negli occhi. Vi porterò dietro tutta la vita, la scuola rimarrà per sempre una porta socchiusa, con la chiave per chiuderla smarrita chissà dove. Sarà un cerchio che non si concluderà mai, come quando muore una persona cara e non riesci ad andare al funerale, o non riesci a piangerla come si deve, e allora te a porti dietro per sempre, quasi come un peso, perché non riesci a staccartene. Perché non gli hai mai detto addio.
Spesso mi chiedo cosa succederà dopo la maturità, se ci rivedremo ancora, se rimarremo legate, oppure se nel giro di poco non ci saluteremo nemmeno più per strada. Probabilmente molte di noi si perderanno di vista, ma in fondo è normale, è così che deve andare, sarebbe strano il contrario. Però mi dispiace, perché dovevamo vivere il nostro ultimo giorno di scuola come si deve e riuscire a salutarci, per poi litigare come fanno tutte le altre classi a fine quinta. Ma non importa, ce la siamo cavata comunque, anche se chiuse in casa senza poterci vedere: siamo state perfette anche in quello.
Forse non ci vedremo più. Ognuna prenderà la propria strada e non si guarderà più indietro. Forse arriveremo ad odiarci. Forse semplicemente ci dimenticheremo ognuna dell'altra. Ma non mi importa, non rimangio quello che ho detto fino ad ora. Al di là del finale, importa il nostro cammino. Ed è stato fantastico cazzo.

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