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25 settembre, 2019

La paura

Ormai ho così tante paure da non riuscire nemmeno a tenerne il conto. 
Ho paura di non realizzarmi, di finire a trent’anni a lavorare in un fast food perché non sono stata in grado di arrivare in alto. Ho paura di passare la vita in questa merda di città, senza avere mai le palle di scappare e ricominciare da capo. 
Ho paura di non innamorarmi mai, di non incontrare nessuno che riesca ad affascinarmi veramente, a farmi battere il cuore con un solo sguardo anche dopo vent’anni di matrimonio. Ho paura di perdere le persone che amo, di vederle soffrire, di guardarle dall’alto mentre dormono per l’eterno in una cazzo di scatola di legno. Ho paura di perdere l’amore della mia vita senza essere mai riuscita a dirglielo, passando la mia intera esistenza a rimpiangere di non averlo fatto.
Ho paura di morire. Forse è infantile, un po’ banale, ma mi ossessiona. Ho paura di andarmene non riuscendo a raggiungere nemmeno mezzo sogno, lasciando che il mondo vada avanti senza di me. Ne ho vista troppa di gente giovane morire in un attimo, mi è impossibile non pensarci. Forse il fatto di avere Che come sfondo del mio telefono non aiuta, visto che mi sbatte in faccia ad ogni ora del giorno che aveva 22 fottuti anni ed ora non c’è più.
Ho paura che il mondo finisca, gettandoci tutti quanti nel nulla più totale, e con noi i nostri sentimenti, le nostre intere vite e quelle di chi amiamo. Anche se prima o poi succederà, è inevitabile. Però quanto cazzo fa paura tornare ad essere niente?  Non poter più pensare, parlare o provare amore? Ma come fa la gente ad essere così tranquilla pur sapendo che sicuramente un giorno morirà?
Non posso fare altro che cercare di ignorare questi pensieri bui che mi divorano distraendomi in inutili passatempi. Cerco di ingannare me stessa perdendomi in impegni vani, studiando, scrivendo, camminando, fermandomi ogni tanto e guardandomi intorno per imprimere nella mia memoria ciò che vedo.
Vorrei provare a vivere una vita piena di avventure, senza limiti o regole, cercando di fare tutte le esperienze possibili: vorrei andare a mille concerti, visitare ogni angolo di questo mondo, ridere a crepapelle milioni di volte, ballare sotto la pioggia, dare infiniti baci. Voglio arrivare ad essere stufa della vita perché ho fatto tutto ciò che era possibile fare; ma non è facile. 
Siamo così tanto legati a ciò che la società moderna ci impone che le catene ce le siamo create da soli ed esistono esclusivamente nella nostra testa. Se dovessero liberarci, non sapremmo nemmeno dove andare e non ci muoveremmo di un millimetro. Come un neonato spaesato nel non trovare la propria madre.
È che proprio non capisco perché non posso fare come mi pare: perché mentre sono a lezione non posso semplicemente alzarmi ed uscire da scuola, prendere un treno e andare a visitare qualche bella città? Perché non posso zittire i mostri nella mia mente bevendo Martini fino a dimenticare perfino come mi chiamo? Perché non posso conoscere il tipo che trappa nelle mie cuffiette? È bello, è sboccato, è sregolato, perché non posso averlo? Perché non posso urlare a squarciagola per le strade che questo mondo è ingiusto? Se mi va di farlo, perché non dovrei? 
Siamo tutti degli oppressi, e fortunato è chi non se ne rende conto. Perché così non impazzisce, cazzo. Chi capisce l’assurdità dei limiti dell’uomo, della vita e della morte, è destinato alla tristezza eterna. Perché se sei consapevole di quanto tutto sia effimero e illusorio, non riesci più a goderti le cose. Non riesci più ad essere felice. Come un soldato che dopo essere tornato dalla guerra non ha più tregua nella testa, segnato per sempre da ciò che ha visto.
La paura mi sta bruciando viva. Non lo capisci, se non lo vivi non lo capisci. Non puoi immedesimarti, non è una cosa che si può anche solo lontanamente immaginare. Non sai com’è avere l’angoscia di chiudere gli occhi per la paranoia di non poterli riaprire più. Non sai cos’è il panico, se non hai mai avuto un vero attacco, di quelli che ti soffocano. Nello stesso modo in cui un giovane non sa cos’è un cuore spezzato finché non si è innamorato per davvero.
Non faccio altro che camminare per la strada di questa città grigia e desolata alla ricerca di qualcosa che non conosco ancora e non trovo. Probabilmente non la troverò mai. Forse è questo che mi fa più paura di tutto il resto. Non trovare ciò che cerco. Non capire cosa cerco. Non sapere di cosa ho bisogno. 
Ma è la vita, no? Funziona così, non c’è via d’uscita. Prima o poi finisce. Ed è l’unica cosa a questo mondo che è uguale per tutti. Ma non mi tranquillizza lo stesso. Anzi, mi angoscia ancora di più.

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