Tre. Tre
anni. Ti conosco da quando avevo tre anni. Eri il migliore amico di mio
fratello, e questo ti faceva diventare quasi come lui, come un secondo fratello
ma senza litigi. L'ammirazione che provavo per te penso di non averla più
sentita per nessun altro, Che. Sei sempre stato una leggenda in casa mia, e non
smetterai mai di esserlo.
I
compleanni. Dio, i compleanni di mio fratello. Te le ricordi le ore ed ore
passate a combattere con le spade laser di Star Wars? Del robot che sparava
dischetti di gomma e dei panini alla nutella di mia madre? E di quando io
salivo sul mini-trattore e tu mi spingevi per tutto il giardino? Ero così
piccola, così fuori luogo: non facevo altro che intrufolarmi nelle partite di
calcetto e infastidire chiunque. A te non te ne è mai fregato un cazzo che
fossi più giovane, femmina e pure un po' stupida. Eri l'unico che giocava con
me e si preoccupava di farmi divertire e farmi sentirmi parte della festa. Ti è
sempre piaciuto aiutare gli ultimi. Forse perché sai come ci si sente. Forse
perché eri troppo buono per potertene fregare.
Perdersi di
vista dopo è inevitabile, si cambia scuola e si cambiano giri, tu ti sei
trasferito ed io sono rimasta qui. Non ci siamo visti per tanto tempo, ma
questo non significa che io abbia mai smesso di pensarti o di parlare di te.
Non significa che faccia meno male.
Poi sono
cresciuta e in un attimo mi sono ritrovata alle superiori, al primo anno di
quella scuola che col tempo avrei finito per odiare. È stato un attimo, ho
girato l'angolo del corridoio per arrivare in palestra e tu eri lì, appoggiato
al calorifero mentre scherzavi con i tuoi compagni. Eri alto il doppio, se non
il triplo, con il viso da adulto e l'aria sicura, meno spaesata di quando eri
bambino. È bastato uno sguardo per capirsi. Sì, perché nonostante fossi
cresciuto, avevi gli stessi occhi di sempre, allegri e rassicuranti, che ti
rendevano un riparo durante la tempesta. Me lo ricordo ancora quel pomeriggio a
casa, di quanto ero felice di averti visto, "Mamma non sai chi ho trovato".
Non me lo dimentico
il tremore per il tuo primo messaggio, qualche giorno dopo esserci visti, e
della gioia nel sapere che mi avevi riconosciuta. Mi chiedevi di mio fratello,
parlavi di quando eravamo piccoli, di quanto ero cambiata. Quei messaggi li ho
persi tutti, abbandonati su un vecchio cellulare rotto: pagherei sofferenze eterne
per poterli riavere. Leggere di cosa parlavamo, di tutti i frammenti di
infanzia che avevamo ricostruito, di tutte le domande che mi facevi e di quanto
io fossi incapace di rispondere.
Sei stato
il primo appuntamento. Me lo ricordo ancora. In pullman morivo d'ansia quando
ho letto sul cellulare che volevi vedermi. Le mie amiche mi guardavano e
ridevano mentre mi sistemavo i capelli e chiedevo mille consigli. Poi quegli
infiniti minuti seduta sul pezzo di legno del parco giochi, mentre impazzivo
perché eri in ritardo. Quel pomeriggio passato sulla panchina davanti al lago,
mentre parlavamo di quando eravamo bambini, te lo giuro, non lo scorderò mai.
Del ritratto che volevi farmi, del mio imbarazzo perenne, del senso di
protezione che mi davi, di quelle domande che mi lasciavano perplessa. Di
quando mi raccontasti della Cambogia e di tutti i viaggi che volevi fare, del
mio silenzio mentre parlavi, completamente rapita da ogni tuo piccolo e dolce
gesto. Del gioco dei tre baci, Che, quella sarà una cosa che rimarrà per sempre
nostra, e me la porterò nel cuore per l'eternità.
Lo so che a
volte sono stronza, e forse ho fermato la cosa troppo in fretta, troppo
bruscamente, però lo sapevi quanto ti volessi bene. Anche se forse non te l'ho
detto, non te l'ho dimostrato abbastanza, non ho fatto quanto potevo. Forse
negli ultimi tempi ti sentivi solo ed io avrei potuto esserci per te, aiutarti,
proteggerti come facevi tu con me quando eravamo piccoli. Forse se ci fossimo
ritrovati ora ci saremmo capiti molto più di quanto avessimo mai fatto.
Non sei
solo la notizia su un giornale di paese. Non sei una tragedia del venerdì sera.
Non sei solo un fiore strappato da un bambino capriccioso nel pieno della
primavera. Non lo sei, Che. Non sei un poverino ucciso da uno stronzo ubriaco.
Non sei un messaggio di addio lasciato su quel maledetto ciglio della strada.
Non sei cenere.
Per me sei
stato tanto, tanto di più. Un fratello, un amico, un amore. Una casa. E lo
giuro su tutto ciò che ho, su ogni singola minuscola cosa: non ti dimentico.
"E senza dire parole, nel mio cuore ti
porterò"
Il tuo
funerale è tre anni esatti dopo il primo messaggio che mi hai inviato. Tre
anni. Come quelli che avevo quando ti ho conosciuto.
Non ti
perdonerò mai per essertene andato così. Mai.