Il mio problema è che ci credo troppo.
Nella giustizia, nell’equilibrio,
nell’armonia eterea, nell’amore travolgente e drammatico, nelle canzoni mielate,
nelle persone.
Nella libertà, nella ribellione,
nella forza di opporsi e dire “no”, nei folli irrequieti, nei poeti maledetti e
le loro deliranti storie.
Credo nella passione, nel sesso, nei
morsi che lasciano il segno, nelle liti feroci, negli schiaffi, nei baci dolci,
nelle lacrime salate.
Nei romanzi introspettivi, nelle
fotografie malinconiche, nei monologhi disperati, nella nostalgia degli
anziani, nei film di Terrence Malick.
Ogni giorno apro gli occhi e spero in
una bella giornata, in una qualche sorpresa, in un mondo migliore, in una
rivoluzione di sognatori, in una pace eterna.
Mi guardo allo specchio e imploro di
diventare qualcuno, di riuscire a creare qualcosa di importante, di far
arrivare la mia arte in ogni cinema d’Europa, di divenire chi mi sono ripromessa
di essere.
E mi ripeto: voglio farcela, voglio
vincere, voglio essere quell’uno su mille, voglio costruire il mio impero,
voglio essere MaryLoù, non Chiara.
Insoddisfatta, irrequieta e infelice,
questo è l’unico destino per le persone come me: perché chi ci crede troppo, ci
soffre troppo.
Meglio soffrirci troppo o essere intrappolati in una monotona apatia?